COMPASSION FOCUSED THERAPY
DI COSA SI TRATTA |
La Compassion Focused Therapy (CFT), in italiano “Terapia basata sulla Compassione”, è un approccio psicoterapeutico di recente diffusione che fa parte delle Psicoterapie Cognitivo Comportamentali Mindfulness-based. La CFT è stata sviluppata dal Paul Gilbert (2005), professore di psicologia presso l’Università di Derby nel Regno Unito, da anni impegnato nella ricerca scientifica sul senso di colpa, sulla vergogna e sull’autocritica, da egli ritenuti elementi centrali di molti disturbi psicologici, dalla depressione alle psicosi.
La Compassion Focused Therapy (CFT) offre una spiegazione della psicopatologia e del suo mantenimento basata sulle dinamiche di attivazione di alcuni sistemi di regolazione emotiva presenti nel nostro cervello e propone una visione del processo di cambiamento che si basa sulla modulazione di sistemi motivazionali e affettivi connessi all’attaccamento, la cui attivazione garantirebbe un cambiamento nel* paziente che spesso non è possibile solo attraverso un intervento diretto sulle sue credenze disfunzionali.
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L'AUTOCRITICA E LA COMPASSIONE |
La CFT nasce proprio a seguito dell’osservazione clinica che alcun* pazienti, particolarmente autocritic* e auto-colpevolizzanti, non migliorano con la terapia standard. Ess* cioè possono giungere a comprendere la “logica” o, meglio, l’illogicità dei loro pensieri negativi disfunzionali (su di sé, sul mondo o sul futuro), ma continuare a sentirsi a disagio, a colpevolizzarsi, ad autoaccusarsi. Secondo Gilbert in quest* pazienti così autocritici c’è uno squilibrio, acquisito nell’infanzia, nei sistemi di regolazione delle emozioni.
Facciamo un esempio: le persone che hanno pochi ricordi/esperienze di essere amabili o consolati hanno difficoltà a sentirsi al sicuro e rassicurati. La CFT mira pertanto all’attivazione del sistema di consolazione in modo che sia utilizzato per regolare le emozioni basate sul senso di minaccia, come la rabbia, la paura, il disgusto e la vergogna. “Compassione è l’abilità di esperire in modo accettante emozioni difficili; di osservare in modo mindful i nostri pensieri giudicanti, senza permettere loro di dominare le nostre azioni e i nostri stati mentali; di impegnarci in modo pieno con gentilezza e autovalidazione verso direzioni di vita ricche di valore; e di cambiare in modo flessibile la nostra prospettiva verso un più ampio senso di sé” (Hayes, 2012; Dahl, e coll. 2009). Questo nuovo modo di intendere la compassione prende in prestito molti spunti degli insegnamenti buddisti (in particolare in buddismo Theravada) ma allo stesso tempo si basa su un approccio evolutivo alle neuroscienze ed alla psicologica sociale, connesso alla psicologia e alla neurofisiologia del comportamento di accudimento. |